Il femminicidio di Giovanna Frino al centro della nuova stagione di Amore Criminale, condotto da Veronica Pivetti: cosa sappiamo a tre anni dalla morte.
Sarà la tragica vicenda del femminicidio di Giovanna Frino, la donna di 44 anni uccisa il 16 dicembre 2022 ad Apricena, nel foggiano, ad aprire una nuova stagione di Amore Criminale, condotto su Rai 3 da Veronica Pivetti. Ancora una volta, i riflettori delle trasmissioni televisive sono giustamente puntati su questo drammatico tema, mentre sembra essere sempre più evidente che piuttosto che un Codice Rosso con inasprimenti di pene, quel che manca è la cultura del rispetto.
La vicenda che viene narrata stasera dalla trasmissione in onda sul terzo canale nazionale è emblematica proprio di ciò che vi abbiamo appena spiegato: la 44enne venne freddata a colpi di pistola dal marito davanti a una delle tre figlie della coppia, che all’epoca aveva solo 17 anni. L’uxoricida, Angelo Di Lella, persona gelosa e possessiva, per anni avrebbe sottoposto la moglie a ogni tipo di angherie, prevaricazioni e violenze, arrivando anche a pedinarla.
Nel processo di primo grado, la Procura di Foggia ha chiesto l’ergastolo per l’uomo di 58 anni, accusato di aver ucciso la moglie Giovanna Frino con tre colpi di pistola. L’accusa era sostenuta dal pm Giuseppe Mongielli, il quale ha ricostruito un contesto familiare segnato appunto da violenze, umiliazioni e prevaricazioni, spesso davanti alle figlie. Proprio una delle figlie della coppia, prima della requisitoria, ha descritto in aula la vita domestica come “un sopravvivere”.
L’uomo non avrebbe accettato l’idea della separazione, intenzione che era di Giovanna Frino, come testimonierebbe la frase detta alle figlie: “So che vostra madre mi vuole lasciare, ma non lo accetterò mai”. Il pm ha chiesto la condanna per omicidio aggravato dalla premeditazione e dalla presenza di minori, oltre che per maltrattamenti aggravati e praticamente a due anni esatti dal femminicidio, i giudici di primo grado hanno condannato l’uomo all’ergastolo, il 20 dicembre 2024.
Nel processo, oltre alle figlie, si erano costituiti come parte civile contro l’uxoricida anche i genitori della donna, le sorelle e i fratelli. A tre anni quasi da quei drammatici fatti di sangue, dunque, Angelo Di Lella, condannato all’ergastolo per l’omicidio della moglie, è in attesa del processo di appello: nessun dubbio c’è sulla sua colpevolezza, ma se dovesse cadere la premeditazione, la condanna potrebbe essere addirittura più lieve.
In questo scenario, le figlie, Barbara e Raffaella, e una terza sorellina ancora minorenne, hanno accolto la sentenza di primo grado come un atto di giustizia, pur consapevoli che nulla potrà restituire loro la madre. Commentando quello che è accaduto alla madre, Raffaella, che è stata anche testimone del delitto, ha espresso l’impegno proprio e delle sorelle a lottare affinché nessun’altra donna viva la stessa tragedia. Una scelta determinata, che potrà contribuire a rompere quel muro di omertà sulla violenza di genere.
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