Che fine ha fatto l’ex pm ed ex ministro Antonio Di Pietro: le sue parole a sorpresa a favore di una riforma della giustizia proposta dal governo Meloni.
Classe 1950, ex magistrato e politico italiano, Antonio Di Pietro è stato nei primissimi anni Novanta simbolo di una stagione politico-giudiziaria nota come Tangentopoli e del pool di inchiesta che ha segnato di fatto la fine della Prima Repubblica, ovvero quello milanese di Mani Pulite. Come sostituto procuratore a Milano, infatti, è stato tra i principali pubblici ministeri delle inchieste contro corruzione e malaffare.
Si tratta di momenti ormai impressi nella memoria collettiva e destinati a finire sui libri di storia, dal primo arresto per tangenti di Mario Chiesa alle requisitorie del processo Enimont trasformate in veri e propri show che incollavano davanti alla televisione milioni di italiani. Nel 1994, improvvisamente, lasciò la magistratura e in seguito entrò in politica: siamo infatti nel 1998 quando nasce il partito dell’Italia dei Valori, una sorta di antesignano dei partiti cosiddetti “giustizialisti”.
Nel corso degli anni, Antonio Di Pietro si dichiara liberale di fede cattolica, è sempre vicino ai governi di centrosinistra, che appoggia in più occasioni e ha ricoperto due volte l’incarico di ministro: ai Lavori pubblici come “tecnico” nel 1996 e successivamente alle Infrastrutture una decina di anni dopo. Esauritasi quella spinta che lo portò a ottenere anche importanti risultati elettorali, l’ex pm dopo la debacle della lista Rivoluzione Civile, nel 2013, lascia definitivamente la politica.
Negli anni seguenti si è impegnato solo localmente, senza concretizzare nuovi progetti politici, pur intervenendo spesso nel dibattito pubblico su giustizia e politica: oggi si è ritirato nel suo paese natale, Montenero di Bisaccia, in Molise, dove ha gestito l’azienda agricola di famiglia, dopo l’uscita dalla scena pubblica. Restano però molte sue battaglie, da quelle contro le leggi ad personam a quelle sul sostegno alla legalità e per un’immigrazione “giusta”.
Lo scorso anno, ben prima dell’approvazione definitiva della legge sulla separazione delle carriere sostenuta dal governo Meloni, e che tanto sta facendo discutere, Antonio Di Pietro si schiera sorprendentemente a favore di questa importante e controversa riforma, scatenando in qualche modo un dibattito rispetto a questa sua presa di posizione. In questi giorni, lo vediamo tornare protagonista del dibattito anche a livello televisivo, con partecipazioni a programmi come Omnibus e Lo Stato delle Cose.
In questi programmi, Antonio Di Pietro – che sostiene la sua come una posizione non di partito – si schiera a favore del si al referendum e ribatte anche a chi, come Marco Travaglio, lo ha pubblicamente accusato di aver cambiato idea. Nel corso di una puntata di Omnibus, il programma di La7 condotto da Gaia Tortora, ha sottolineato come questa riforma poco abbia comunque a che vedere con la separazione delle carriere, ma piuttosto rappresenta “il tentativo di eliminare il correntismo all’interno del Csm”.
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